Il linguaggio e la capacità di influenzare il nostro modo di pensare? The Arrival e l’ipotesi di Sapir-Whorf, con spoiler 

The Arrival: trama e recensione

Dodici astronavi extraterrestri, appaiono contemporaneamente in diversi luoghi della Terra. Non è chiaro il motivo per cui siano arrivate, né se vi sia una logica dietro la scelta dei luoghi dell’atterraggio, l’unica certezza è il caos dovuto al panico generale degli umani, a cui si aggiunge l’intenzione di Cina e Russia di agire tempestivamente e sterminare gli alieni, o i cosiddetti Eptapodi, per via dei sette arti. Tuttavia, questo intervento bellico potrebbe avere gravi conseguenze sull’umanità, pertanto gli USA decidono di intervenire in un altro modo, cercando a tutti i costi un modo per dialogare con gli alieni.

The Arrival e la capacità del linguaggio di influenzare il nostro modo di pensare.

Louise Banks, professoressa di linguistica all’università, celebre linguista e studiosa, nonché in passato, traduttrice di importanti documenti per il governo, viene selezionata grazie alla sua esperienza per far parte di una squadra speciale di esperti, istituita al fine di tentare la comunicare con la specie aliena. 

La donna si dovrà recare al sito d’atterraggio di una delle strane astronavi, dove conoscerà i colleghi, tra cui il fisico Ian, che la accompagneranno nel viaggio alla scoperta del linguaggio alieno. Infatti riceve l’incarico di chiedere agli alieni da dove vengano e quali siano le loro intenzioni. Lo scopo della missione è proprio quello di riuscire a entrare nell’astronave e stabilire una comunicazione con gli alieni, al fine di comprendere il motivo del loro arrivo sul pianeta.

A seguito di una missione che l’ha messa a contatto con gli Eptapodi, si intuisce che la comunicazione aliena si basa sulla creazione di segni circolari creati da un fumo nero che fuoriesce dai tentacoli, formando frasi palindrome iscritte in simboli circolari che rappresentano delle frasi intere e non parole singole. Il loro linguaggio, tuttavia, è estremamente complesso e Louise fatica a stabilire una comunicazione in poco tempo. Analizzando i dati raccolti e con l’aiuto del suo collega Ian, dopo mesi la linguista comincia a creare un vocabolario di base.

Nel frattempo, Louise inizia ad avere singolari visioni a cui però non riesce a dare una spiegazione. Con il tempo le visioni aumentano e le risulta difficile distinguere il presente dal passato, o la realtà da un sogno, mettendo di conseguenza in dubbio anche lo spettatore.

La situazione mondiale intanto però, si complica sempre di più. Incerti sulle intenzioni degli alieni, i governi di tutto il mondo si arrendono alla comunicazione e si preparano a dichiarare guerra. Nell’ultima sessione comunicativa con gli alieni, Louise che ormai possiede un vocabolario di base per comunicare con loro, domanda quale sia il motivo del loro arrivo sulla Terra. Interpretando un simbolo alieno, capisce che forse che gli alieni siano venuti sulla Terra per “un’arma”. Incerta però della traduzione e mentre tutti si preparavano per evacuare la zona e iniziare la guerra, la protagonista chiamerà il governatore cinese e grazie a una frase ignota allo spettatore, lo convincerà a non far scoppiare la guerra. 

The Arrival e la capacità della lingua di influenzare il modo di pensare di un individuo.

Giunti alla fine del film si scoprirà che ciò che gli alieni vogliono offrire alla specie umana non è un’arma per fare guerra, bensì un dono: la loro lingua. Grazie a essa infatti, si diventa in grado di cambiare la percezione lineare del tempo, interpretazione umana per lo più Occidentale e cristiana, che diventa appunto circolare. Ciò permette di sperimentare visioni dal futuro, premonizioni di ciò che deve ancora accadere. I simboli circolari alieni quindi risultano dalla concezione circolare che hanno del mondo. Louise, e lo spettatore con lei, comprende allora che le visioni che aveva non erano flashback dal passato, bensì anticipazioni di qualcosa che doveva ancora verificarsi. Utilizzando la comunicazione, Louise riesce a impedire lo scoppio di una guerra.

Critiche riguardo il film “The Arrival”: 

Un grande messaggio di Arrival è che basterebbe comunicare e aprirsi all’idea dell’esistenza di altri punti di vista per aiutarsi e per poter vivere in un mondo migliore. 

Durante il film lo spettatore si chiede continuamente se la linguista riuscirà in tale lavoro e se è davvero possibile instaurare un dialogo con una specie non umana. A mio avviso lo spettatore rimane curioso durante la proiezione del film, in attesa del momento di dimostrazione dei passaggi e delle strategie che hanno condotto la studiosa alla scoperta del significato dei simboli. Questa parte nel film manca e questa assenza rende il film particolarmente noioso e deludente. Mi sarei aspettata che il film avesse offerto allo spettatore una chiave per leggere quei simboli, o quanto meno che avesse mostrato velocemente le tappe, le strategie o delle fasi di studio del linguaggio alieno, invece il regista si è limitato a mostrarci la studiosa che guarda i simboli, senza spiegare i passaggi che l’hanno portata a saperli interpretare. Ecco a mio avviso questa aggiunta sarebbe stata un jolly per il film.

Ciononostante ho apprezzato la scelta del regista di scegliere una protagonista donna con il ruolo di traduttrice e interprete che, grazie al suo lavoro, riesce a salvare il mondo. È grazie ai mediatori infatti che i paesi riescono a confrontarsi tra loro per cercare delle soluzioni insieme. Inoltre è interessante sapere che il film sia basato sulla teoria della relatività linguistica e di come il linguaggio abbia la capacità di influenzare il nostro modo di pensare. Cerchiamo di capire meglio.

La teoria di Sapir-Whorf

L’Ipotesi di Sapir-Whorf funge da chiave di lettura per il film “The Arrival”, motivo per il quale viene citata anche nello stesso film. Questa ipotesi afferma che la lingua che parliamo ha la capacità di influenzare il nostro modo di pensare. L’ipotesi, conosciuta anche con il termine “relativismo linguistico”, prende il nome dal linguista e antropologo Edward Sapir e dal suo allievo Benjamin Lee Whorf, ed indica che ogni lingua implica una particolare e unica interpretazione della realtà. Secondo Whorf e Sapir, le lingue riescono ad influenzare la visione del mondo e determinare i valori dei parlanti di una determinata lingua: di conseguenza i parlanti di lingue diverse avranno un modo diverso di concepire la realtà, incompatibile con qualsiasi altro modo di percepire altre verità.

L’Ipotesi di Sapir-Whorf funge da chiave di lettura per il film “The Arrival”, motivo per il quale viene citata anche nello stesso film.

I parlanti sono visti come dei prigionieri della loro lingua materna, e difficilmente potranno liberarsi dalle categorie e divisioni che la struttura della loro lingua ha imposto sulle percezioni e i pensieri, da quando hanno iniziato a parlare. Imparare una lingua diversa dalla nostra, significherebbe quindi “entrare a farne parte”, saper mediare linguisticamente tra culture diverse, capire ed apprendere un modo di vedere l’universo in maniera diversa e scoprire nuove verità, come ad esempio il modo di concepire il tempo. Nel film The Arrival infatti, il linguaggio extraterrestre risulta essere palindromo e quindi ciclico, pertanto per comprenderlo si dovrà seguire una concezione ciclica del tempo. La linguista riesce in tale acquisizione: si appropria della lingua aliena e riesce inconsciamente a viaggiare con essa nel tempo: passato e presente perdono di senso e si rivelano per Louise strettamente connessi l’uno all’altro, tanto da potersi influenzare a vicenda.

Molti sono stati affascinati dalla possibilità di creare nuovi linguaggi. Basti pensare ad Orwell in 1984: si inventa una neolingua per poter condizionare i cittadini e consentire una manipolazione del pensiero. 

In quale mondo ti fa vivere la tua lingua?

In altre parole, studiare una lingua ti porta a interpretare il mondo di un determinato popolo e puo’ orientare l’attenzione su realtà e aspetti del mondo differenti

Nel libro Lingua ed Essere di Kübra Gümüsay, l’autrice cerca di rispondere a una domanda: “Cosa è venuto prima, la nostra lingua o la nostra percezione?”. Di seguito lascio una citazione del libro, come prova che una nuova lingua sia in grado di modificare la nostra percezione e aiutarci a aprire gli occhi sui limiti della nostra: 

Nel libro Lingua ed Essere di Kübra Gümüsay, l’autrice cerca di rispondere a una domanda: "Cosa è venuto prima, la nostra lingua o la nostra percezione?”.

“In una calda notte d’estate sul porto di una piccola città nel sud-ovest della Turchia, bevevamo tè nero e sbucciavamo semi di girasole salati (…).  Mia zia guardò il mare, in quell’oscurità profonda e tranquilla, e mi disse: “Guarda quanto brillano quegli yakamoz!”. Io seguii il suo sguardo, senza riuscire a trovare da nessuna parte qualcosa che rilucesse così tanto. “Ma dove?”, le chiesi. Lei indicò di nuovo verso il mare, ma io continuavo a non capire a cosa si riferisse. Ridendo, si inserirono i miei genitori per spiegarmi cosa significasse la parola yakamoz: descriveva il riflesso della luna sull’acqua. E finalmente anch’io vedevo davanti a me quel bagliore nell’oscurità. Yakamoz. E da allora lo vedo a ogni passeggiata notturna vicino al mare. E mi chiedo se anche le persone intorno a me lo vedano. Anche quelle che non conoscono la parola yakamoz.”. 

Kübra Gümüsay